Istituto Comprensivo Immacolatine Quinto

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La scuola non è un’ancora ma un porto

News

16Apr

La Scuola dell’Infanzia ….. in uscita didattica al Galata museo del mare

Laboratorio svolto:

gruppo grandi : tutti a bordo con l’ammiraglio Colombo

Che cosa si imbarcava su una nave per un lungo viaggio nel 1500? Attraverso il racconto del viaggio dell’Ammiraglio Colombo i bambini scopriranno cosa è riposto nelle stive. Una volta preparata la propria caravella in laboratorio, si parte per viaggi avventurosi!

gruppo piccoli - mezzani:

la dura vita dei paperi-marinai

L’attività è incentrata sul mondo della vita quotidiana dei marinai, in particolare sull’aspetto legato all’alimentazione.  Per provare le emozioni di bordo…i piccoli marinai impastano la galletta del marinaio!

26Mar

La scuola d'infanzia impara il tempo

realizzando un calendario sulle orme di TULLET

12Mar

 

FINALITÀ:

Favorire la curiosità e l’interesse verso la lingua genovese

OBIETTIVI:

potenziare le abilità comunicative

condividere un’esperienza fra scolari e nonni

intuire il significato di parole e comprendere globalmente il contenuto dei giochi proposti in genovese

ATTIVITÀ:

Le attività di seguito riportate sono indicative in quanto la scelta del programma da svolgere e lasciata ai nonni,

in accordo con le maestre, secondo la loro capacità e la risposta delle scuole.

12Mar

Alla scuola d'infanzia si legge la fiaba del minestrone e si impara a fare il minestrone!

 LA FIABA

La vera storia del minestrone

Quando in Italia c’erano ancora re e regine, in un castello lussuoso viveva uno di loro, il più potente.

Aveva una reggia splendida, con stalle e parco, recinti e orto, giardini e serra…

Aveva anche un’unica figlia, bellissima ma sempre imbronciata e così, un giorno, decise che l’avrebbe data in sposa a chi le avesse fatto il regalo più bello, tale da scuoterla dal suo torpore e colorirle le guance smorte.

Avrebbe dato una settimana di tempo per trovare il regalo giusto.

Tutti i giovani principi si misero d’impegno per diventare i futuri re.

Trascorso il tempo assegnato, giunsero alla reggia e si misero in fila, uno dietro l’altro, ognuno col suo dono.

Uno aveva percorso le spiagge dalla Liguria alla Campania e vi aveva raccolte molte conchiglie; le aveva unite in un braccialetto grazioso, ma la principessa rimase imbronciata.

Un altro era stato in Toscana, e aveva faticosamente portato con sé un pezzo di marmo bianchissimo e levigato, più bello di una statua, ma il dono non fu apprezzato.

Un altro, che proveniva dal Lazio ed era un valente cacciatore, portò un carro colmo di selvaggina, ma la principessa inorridì all’idea che quei poveri uccelli e cerbiatti, lepri e cinghiali fossero stati uccisi per lei.

Un altro, che amava le montagne, arrivò con un cespo di candide e morbide stelle alpine, raccolte in Valle d’Aosta. La principessa le guardò, ma poiché non avevano profumo, non le apprezzò.

Il re cominciava ad essere preoccupato.

Venne poi un giovane principe di Sicilia, con una collana di rosso corallo. Era sicuro di vincere, infatti la principessa parve apprezzare il regalo, ma quando se lo mise al collo lo trovò pungente.

Venne la volta di un principe del Veneto, con un paniere colmo di anguille.

-Vedrete come sono squisite- disse.

La principessa annusò e arricciò il naso sprezzante:

-Non mi piacciono questi pesci che sembrano serpenti!-Disse indispettita.

Il re si strappava i capelli dalla preoccupazione.

Fu la volta del principe di Piemonte, che portò un pregiato tartufo, grande come un pugno. Sapeva del suo valore e sognava già di sposare la bella ma triste principessa, ma non fu accolto per niente.

La principessa, anzi, lo umiliò dicendogli che mai avrebbe accettato di sposarsi per ciò che sembrava una disgustosa zolla di terra.

Il principe di Liguria le donò la lavanda profumatissima, ma i fiori secondo la principessa erano troppo modesti; quello della Puglia le portò in regalo un trullo, ma la principessa lo considerò piccolo e scomodo per viverci.

Così, per un giorno intero, sfilarono davanti alla principessa i reali di ogni terra, alcuni sfrontati, altri teneri, altri ancora simpatici oppure altezzosi.

Nessuno le piacque.

Il re era esasperato.

Infine giunse un ragazzo di grandi occhi verdi e dalla pelle olivastra; si chiamava Ulisse perché la sua mamma, nel metterlo al mondo, aveva sognato per lui una vita avventurosa. Purtroppo il ragazzo era rimasto orfano giovane. Aveva girato il mondo in cerca di fortuna, fermandosi per caso nelle vicinanze del regno. Era bello, ma povero; aveva però una gran fantasia e era ottimista di carattere.

Il ragazzo, non possedendo nulla di prezioso, ma desiderando conoscere la principessa, aveva setacciato le campagne, raccogliendo tutte le erbe e gli ortaggi che trovava sulla sua strada.

Aveva riempito la sua cesta con bulbi di patate, una lucida melanzana, un verde cavolo e tenere fave, una carota croccante, una bianca cipolla, un sedano dalle foglie chiare, e poi verdi baccelli di piselli, rossi fagioli screziati, pomodorini fiammanti, certi zucchini ornati di fiori color del sole…Aveva inoltre aggiunto, alla sua cesta, profumati rosmarini, argentea salvia, odoroso basilico, fresca menta, timo fiorito, erba cipollina , carnosi spinaci, borragine dai fiori blu…In riva al mare aveva colto rami di olive gonfie di succo; in pianura bionde spighe di grano, di farro e di orzo; sulle colline, succosi grappoli d’uva…Era carico e sudato.

Giunse di fronte alla principessa che, dapprima incuriosita, poi stizzita per l’omaggio poco regale, divenne rossa di rabbia. Il re, nel vederle le guance colorite, si interessò al giovane che chiese di poter utilizzare la cucina.

Il permesso fu accordato, sotto lo sguardo ironico dei cuochi di corte, abituati a utilizzare ben altri ingredienti.

Una volta in cucina, il giovane mise tutte le verdure e le erbe in un gran pentolone e lo pose sul fuoco. Frantumò i chicchi di grano e ne fece una focaccia; spremette i grappoli di uva e ne ottenne un succo delizioso, schiacciò le olive e mise da parte il mosto dorato, l’olio, per condire la minestra.

La principessa intanto era furibonda per l’affronto subito, a suo parere, e girava e girava per la reggia, a lunghi passi, per sbollire l’ira. A furia di camminare le venne fame.

Ad un tratto sentì un profumo invitante: sapeva di campo e di giardino, di boschi e di orti, di erba e di sole…Insomma, di tutto ciò che sta all’aria aperta, e nel segreto del suolo.

Ma cos’era? Non lo aveva mai sentito.

Venne da lei la dama di compagnia, invitandola a raggiungere il re nella sala da pranzo, dove c’era una novità.

La principessa sentiva un certo languorino e non se lo fece ripetere.

Quale non fu la sua sorpresa nel vedere che, a tavola, c’erano grandi ciotole piene di una zuppa mai gustata, odorosa e fumante, condita con un filo d’olio, una larga sfoglia dorata e due calici colmi di succo rossastro. Sedette davanti al re suo padre, che guardò stupito quel piatto strano, che sprigionava profumi indescrivibili.

-Che cos’è, questa?-Disse il sovrano, indicando la zuppa.

Ulisse prontamente rispose, con un inchino:

“Si chiama minestrone,

rende forti come un leone,

sazia a meraviglia,

è profumato come la sua bella figlia;

è nato in un pentolone

ma è adatto anche a chi siede sulle poltrone,

di ogni erba il gusto confonde

come nel mare di acqua le onde!”

Mentre così declamava, sorrideva e ammiccava alla principessa, la quale aveva un così gran appetito che si divertì di fronte alla sfrontatezza gioiosa del giovane, che era anche allegro e piacevole. Mangiò tutto e le guance le si arrossarono di piacere e di calore.

Anche il re apprezzò sia la minestra sia la filastrocca e diede a Ulisse le chiavi della città, facendolo diventare primo cittadino e sposo della principessa.

La fantasiosa unione di verdure valicò pian piano i confini del regno, diffondendosi ovunque.

Il minestrone divenne in poco tempo –e ancora lo è- il piatto più popolare d’Italia, apprezzato dai nobili e dai popolani, dai giovani e dagli anziani, al mare e in montagna, in pianura e in campagna.

Da allora il minestrone compare su ogni tavola d’Italia, perché mescolanza sapiente di ortaggi d’ogni regione, di pazienza e di fantasia.

E il pane, l’olio e il vino?

Anch’essi sono ottimi; nascono e sono apprezzati in tutta Italia, anzi…in tutto il mondo!

…” Se cittadino vorrai diventare

e in buona salute vorrai restare,

di queste cose ti dovrai cibare!”

Questo fu il proclama affisso sulle porte della città, ad onore e ricordo di Ulisse e della sua ricetta.

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